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SUL TIRARE LA CORDA

Strattonare, tirare, contorcere, allungare… E’ nella natura umana portare molto spesso le cose agli estremi, abusare di una situazione o di un atteggiamento altrui se fa comodo, se torna utile, se appare indispensabile o inevitabile.

Solitamente accade nelle relazioni tra uomini e donne, ma non è raro anche nelle amicizie.

In ogni rapporto a due, si sa, c’è chi è più forte e “comanda” e chi è più debole e apparentemente subisce. Tuttavia, non credo che si tratti sempre di vera e propria debolezza, piuttosto di comprensione e disponibilità, tenute insieme e rafforzate dall’affetto o dall’amore. La parte che accetta e non punta i piedi ogni volta che c’è un contrasto, quella che si modella e si adatta per evitare uno scontro, non è necessariamente vittima, ma voglio e cerco di vederla come l’ingrediente riequilibrante che serve ad evitare il tracollo del rapporto. Il punto è che l’altra parte, quella presumibilmente forte, quando capisce che può dar libero sfogo ai suoi impeti e ai suoi vizi caratteriali non si frena più, ma, al contrario, inizia una lenta ma inarrestabile caduta verso l’abuso della disponibilità che trova nell’altro. Giorno dopo giorno certi atteggiamenti si consolidano, e non importa se uno dei due fa presente all’altro che no, così non va, così è troppo, così non è giusto. Non importa se è oggettivamente sbagliato APPROFITTARE di chi ci vuole bene. Non importa se la corda è così tesa che i primi fili iniziano a lacerarsi. Chi si è abituato ad ottenere o a fare ciò che vuole, non si pone più la domanda (ammesso che se la sia mai fatta), se non sia eccessivo, se il limite sia stato già oltrepassato troppe volte e se il rischio che si corre non sia elevato. Non si rinuncia alla comodità, ad avere ciò che per mille e più volte abbiamo ottenuto. Si tira, si tira, si tira… poi, un bel giorno, si cade a terra. Una bella botta, così, all’improvviso. La corda si è rotta. Solo a quel punto le domande iniziano a far capolino nella testa di colui o colei che ha strattonato e teso la fune fino allo strappo. Certo, si può sempre provare a ricucire, ma non è sempre possibile e, in ogni caso, la corda non sarà più così solida come una volta. La toppa, per quanto ben fatta, non sarà mai in grado di sostituire i fili originali che partivano da un capo della corda e, solidamente attorcigliati, arrivavano fino all’altro, creando un tutto elastico e tenace.

E allora mi chiedo: ma perché arrivare al limite? Perché volere sempre più di quello che già si ha? Perché chiedere chiedere e ancora chiedere? Non sarebbe meglio limitarsi? Capire che se si strattona e ci si approfitta della pazienza e della bontà o disponibilità altrui, prima o poi corriamo il rischio di perdere tutto?

A.