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SCRIVERE E VIVERE: COSA HANNO IN COMUNE LE DUE COSE? (Special Guest: Carolina Ciani)

Ho sempre pensato di non essere capace a scrivere, di non saper comporre frasi armoniche e grammaticalmente corrette e molto probabilmente questo è un fatto reale. Eppure scrivo fin da quando ero piccolissima. Scrivo pensieri, ricopio citazioni ed aforismi che mi colpiscono, scrivo biglietti di auguri, da piccolissima scrivevo lettere che o spedivo o  consegnavo a mano facendo spendere tantissimi soldi a mia mamma e mia nonna per assurde carte da lettere dai colori e fantasie improbabili. Adoravo ed adoro tutt’ora i lapis, quanto mi piacciono e quanto mi piace l’odore che hanno.  Accarezzo distrattamente  la copertina di qualunque libro trovo,  è un gesto automatico che non riesco a controllare, ne annuso le pagine e lascio che lo sguardo finisca sempre alla dedica agli inizi del testo. Passo più tempo  a provare nella mia mente come comporre una frase che a mettere lo smalto. Forse tutto questo avrà un significato, un senso?Non sono brava, non sono fluida e scorrevole, sono il peggior critico di me stessa eppure continuo, non ho mai abbandonato la scrittura in tutta la mia vita. Scrivo sul cellulare, sull’ultima pagina di un libro, su un biglietto da visita o su carta igienica. Avrà senso tutto questo?Forse per gli altri no, e fino a poco tempo fa neanche per me, era una azione automatica che non avevo neanche mai preso in considerazione. Quante volte parlando con le amiche, ragionando sul nostro futuro e su cosa avremo fatto da “grandi”, mi trovavo senza niente da dire perché cercavo di ripercorrere mentalmente tutte le mie doti, le mie capacità e alla fine non c’era niente che non sapessi fare, ma neanche niente in cui eccellessi. E se agli occhi degli altri restavo tranquilla ed imperturbabile quanta disperazione e preoccupazione dentro di me, non volevo e non voglio essere una vittima delle mie paure e delle mie insicurezze. Non ho mai voluto che altri scegliessero per me, per quanto sia sempre stata una soluzione che mi ha affascinato ed invogliato, devo ringraziare un piccolo demone dentro di me che ha impedito che questo accadesse, demone che ha origine nell’insoddisfazione personale, nell’eterna ricerca del proprio posto nel mondo. Eppure la scrittura ed i libri sono un fattore ricorrente nella mia vita, tornano sempre, anche se io li ignoro loro non ignorano me. E’ una sorta di magnetismo che abbiamo l’uno verso l’altro, sono la consolazione a qualunque brutto pensiero o critica, loro ci sono, sono miei e nessuno me li toglierà. Però una cosa è scrivere per me stessa pensieri e parole che solo io leggerò, un conto è rendere pubblica al mondo questa mia azione, e per 28 anni della mia vita non mi ero neanche mai posta il problema. Io scrivevo per me stessa, ero l’unico giudice delle mie parole e pensieri, nulla di male poteva nascere da questo. Ma poi come sempre succede quando una semplice predisposizione personale prova il balsamo del primo complimento, del primo riconoscimento, smette di essere una semplice predisposizione e cerca di trasformarsi in qualche cosa di più. Preso coraggio dal primo “articolo-riflessione” reso pubblico su un link e ricevuta la prima gratificazione, anche se  interna alla propria sfera affettiva e quindi non propriamente un giudizio obiettivo, ecco quello è il punto del non ritorno. Non si può più voltare le spalle a qualche cosa che si è per tutta la vita cercato di tutelare, i propri pensieri messi su carta e resi pubblici. Ma nel mio caso non è stato sufficiente neanche ciò, devo essere un critico estremamente severo e inflessibile, ogni minimo errore, disarmonia nel discorso era inequivocabilmente un fallimento per me. Poi sono inciampata ( anche se non era la prima volta che mi avvicinavo a lei) in Virginia Woolf, per la precisione in alcune sue parole: “Non scrivo con gusto o con piacere, perché devo concentrarmi troppo. Non mi viene filato, naturale, ma lo metto giù faticosamente, frase per frase. Con molto sforzo scrivo due parole completamente assurde: scrivo varianti di ogni frase, compromessi, tentativi falliti, possibilità, finché il mio quaderno sembra l’incubo di un pazzo. È facile ripromettersi di prendere appunti, ma scrivere è un’arte difficilissima. Bisogna scegliere continuamente […] Scrivere non è per niente un’arte facile. Pensare ciò che si vuole scrivere sembra facile; ma il pensiero evapora, sfugge qua e là.” Che grande consolazione per me, anche alla donna più talentuosa ed intelligente fuggivano  frasi, parole, ritmo, pensieri; la fatica era parte integrante del suo lavoro, non era solo dote, ma era anche dedizione, rabbia, compromesso. Anche adesso provo un’enorme difficoltà a concludere questo paragrafo, non  mi sento completamente soddisfatta di quello che ho scritto, ho cancellato parole, frasi, punti, per aggiungerli ed eliminarli nuovamente e credo proprio che a questo punto mi fermerò, non voglio insegnare niente a nessuno, io stessa sto apprendendo cose un po’ per volte.  Mi piacerebbe semplicemente aver fatto capire che a volte i momenti di grande difficoltà e disagio servono a farci comprendere chi siamo e cosa vogliamo, per questo non dobbiamo temerli, ma viverli completamente. Il vero coraggio sta nel non voltare le spalle a noi stessi, lieta adesso di avere detto tanti No quando tutti mi spingevano a dire SÌ.

                                                                                                                                                                         Carolina Ciani